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Nivolumab, un inibitore del checkpoint immunitario, nel trattamento del carcinoma a cellule renali in fase avanzata in pazienti già trattati


Lo studio CheckMate-025 ha valutato l’efficacia di Nivolumab ( Opdivo ), un inibitore del checkpoint immunitario, rispetto a Everolimus ( Afinitor ) nel carcinoma avanzato a cellule renali, in pazienti precedentemente trattati.
Nivolumab ha ridotto il rischio di morte del 27% rispetto a Everolimus, con un miglioramento di 5.4 mesi della sopravvivenza globale mediana.
Le reazioni avverse di grado 3/4 hanno presentato una più bassa incidenza con Nivolumab, rispetto a Everolimus.

Nello studio in aperto CheckMate-025, 821 pazienti pretrattati con carcinoma renale a cellule chiare, avanzato o metastatico, sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a Nivolumab o a Everolimus.
Tra i pazienti randomizzati, 803 hanno ricevuto il trattamento.
Nivolumab è stato somministrato per via endovenosa al dosaggio di 3 mg/kg ogni 2 settimane ( n=406 ), mentre Everolimus è stato somministrato per os al dosaggio di 10 mg al giorno ( n=397 ).

L'età media dei pazienti era di 62 anni.

Il 70% dei pazienti aveva ricevuto un inibitore dell'angiogenesi e il 28% ne aveva ricevuto due.

L'endpoint primario era rappresentato dalla sopravvivenza globale ( OS ); endpoint secondari erano il tasso di risposta obiettiva ( ORR ), la sopravvivenza libera da progressione ( PFS ), e la sicurezza.

Dopo un periodo di follow-up minimo di 14 mesi, la sopravvivenza globale mediana è stata di 25.0 mesi con Nivolumab contro 19.6 mesi con Everolimus ( hazard ratio, HR=0.73; IC 98.5%, 57-0.93; P =0.0018 ).
Il vantaggio riguardo la sopravvivenza globale è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti, con il più grande miglioramento con Nivolumab osservato nei pazienti con un punteggio prognostico MSKCC non-favorevole ( HR=0.47; IC 95%, 0.30-0.73 ).

La sopravvivenza mediana libera da progressione è stata, rispettivamente, pari a 4.6 e 4.4 mesi nel braccio Nivolumab e nel braccio Everolimus ( HR=0.88; IC 95%, 0.75-1.03; P=0.11 ).
In un'analisi di sensibilità ad hoc che ha riguardato i pazienti che non avevano progredito a 6 mesi, la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata pari a 15.6 mesi con Nivolumab contro 11.7 mesi con Everolimus ( HR=0.64; IC 95%, 0.47-0.88 ).

Il tasso di risposta oggettiva con Nivolumab è stato pari al 25.1% contro il 5.4% per quelli trattati con Everolimus.
Tra i pazienti che hanno risposto a Nivolumab, il 47.6% ( n=49 ) ha presentato risposte, ancora in corso, fino a 27.6 mesi.

L’espressione di PD-L1 non è risultata avere un impatto significativo sull'efficacia di Nivolumab. Tra i pazienti con espressione di PD-L1 maggiore o uguale a 1%, la sopravvivenza mediana globale è stata di 21.8 mesi contro 18.8 mesi, rispettivamente, per Nivolumab ed Everolimus.
Nei pazienti con espressione di PD-L1 minore o uguale a 1%, la sopravvivenza mediana globale è stata di 27.4 e 21.2 mesi nei due bracci, rispettivamente.
Risultati simili sono stati osservati quando è stata valutata la soglia del 5% per l’espressione di PD-L1, anche se solo un piccolo numero di pazienti era valutabile con questo criterio.

Il profilo di sicurezza di Nivolumab in CheckMate-025 è risultato simile a quello di studi precedenti.
I più comuni eventi avversi di qualsiasi grado con Nivolumab versus Everolimus sono stati: astenia ( 56% vs 57% ), tosse ( 34% vs 38% ), nausea ( 28% vs 29% ), rash ( 28% vs 36% ), dispnea ( 27% vs 31% ), diarrea ( 25% vs 32% ), stipsi ( 23% vs 18% ), diminuzione dell'appetito ( 23% vs 30% ), dolore alla schiena ( 21% vs 16% ), e artralgia ( 20% vs 14% ).

Il 47% dei pazienti trattati con Nivolumab è andato incontro a gravi eventi avversi.
Gli eventi avversi gravi più frequentemente riportati con l’inibitore del checkpoint immunitario sono stati: danno renale acuto, versamento pleurico, polmonite, diarrea, e ipercalcemia. ( Xagena2016 )

Fonte: The New England Journal of Medicine, 2016

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