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Inibitori del checkpoint immunitario: le reazioni avverse ad esito fatale sono rare


Una meta-analisi ha mostrato che le reazioni avverse fatali si sono verificate tra lo 0.3% e l'1.3% dei pazienti trattati con inibitori del checkpoint immunitario.

Gli inibitori del checkpoint immunitario stimolano le cellule del sistema immunitario ad attaccare le cellule tumorali, ma possono, in modo accidentale, attaccare anche le cellule sane dell'organismo.

La maggior parte delle reazioni avverse sono gestibili con trattamento steroideo. Tuttavia, possono presentarsi anche gravi effetti collaterali di difficile gestione.

Uno studio ha cercato di individuare le tossicità più gravi, quali organi vengono di preferenza colpiti, il momento di insorgenza e quanto spesso questi episodi si verificano.

Sono stati utilizzati i dati di VigiLyze, un database di farmacovigilanza dell'OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità ), che comprende oltre 16 milioni di reazioni avverse ai farmaci, con l'obiettivo di valutare le reazioni avverse ad esito fatale tra i pazienti trattati con gli inibitori del checkpoint immunitario.

L'analisi ha incluso pazienti trattati con: a) terapie anti-CTL-4: Ipilimumab ( Yervoy ), Tremelimumab; b) terapie anti-PD-1: Nivolumab ( Opdivo ), Pembrolizumab ( Keytruda ); c) terapie anti-PD-L1: Atezolizumab ( Tecentriq ), Avelumab ( Bavencio ), Durvalumab ( Imfinzi ).

Nel periodo 2009 - 2018 ( gennaio ), sono stati segnalati a livello internazionale 613 reazioni avverse fatali correlate al blocco del sistema immunitario.
Di queste, 193 si sono verificate tra i pazienti trattati con agenti anti-CTLA-4, 333 tra quelli che hanno ricevuto terapie anti-PD-1 e anti-PD-L1, e 87 tra quelli che hanno ricevuto una combinazione di queste terapie.

Il 70% delle reazioni avverse fatali erano associate a terapie anti-CTLA-4, e hanno riguardato la colite.

Tra i pazienti trattati con terapie anti-PD-1 e anti-PD-L1, i decessi erano più spesso correlati a polmonite ( 35% ), epatite ( 22% ) e a neurotossicità ( 15% ).

Tra i pazienti trattati con terapie anti-CTLA-4 e anti-PD-1 / PD-L1, la colite ( 37% ) e la miocardite ( 25% ) hanno causato la maggior parte delle morti.

Le reazioni avverse ad esito fatale si sono generalmente verificate subito dopo l'inizio della terapia. Il tempo mediano all'effetto tossico è stato di 14.5 giorni tra coloro che erano trattati con la combinazione, e 40 giorni tra quelli trattati con la monoterapia anti-PD-1 o Ipilimumab.

Tra gli eventi tossici segnalati, la miocardite ha avuto il più alto tasso di mortalità ( 39.7% ), rispetto agli effetti tossici del sistema-organo ( dal 10% al 17% ) e agli eventi endocrini e alla colite ( dal 2% al 5% ).

Le reazioni avverse ad esito fatale sono risultate rare con gli inibitori del checkpoint immunitario.

Tuttavia, i medici dovrebbero essere consapevoli che queste tossicità possono avere esito fatale e pertanto questi pazienti devono essere attentamente monitorati.
Le tossicità più gravi colpiscono comunemente cuore, polmoni, colon e fegato, ma possono interessare anche altri organi e tendono a manifestarsi precocemente nel corso della terapia, in media durante le prime 6 settimane di trattamento.

In una ulteriore analisi retrospettiva di 3.545 pazienti trattati con inibitori del checkpoint immunitario in 7 Centri accademici, è stato osservato un tasso di mortalità dello 0.6%.
Eventi cardiaci e neurologici si sono verificati nel 43% dei pazienti.

Una meta-analisi di 19.217 pazienti su 112 studi ha mostrato tassi di mortalità pari a: 0.36% tra i pazienti trattati con anti-PD-1; 0.38% tra i pazienti che hanno ricevuto anti-PD-L1; 1.08% tra i pazienti trattati con anti-CTLA-1; e 1.23% tra i pazienti trattati con la terapia di associazione.

Secondo gli Autori, è importante il riconoscimento precoce dell'evento avverso e il trattamento immediato con steroidi.
Qualora i pazienti non dovessero mostrare miglioramento con gli steroidi, dovrebbero essere presi in considerazione altri farmaci immunosoppressori. ( Xagena2018 )

Fonte: JAMA Oncology, 2018

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